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Cibo

Smettetela di stupirvi dell'esistenza di sommelier donne

Stiamo mandando le nostre figlie a occupare posti di lavoro creati per i nostri padri; nella ristorazione non potrebbe essere più vero.
Image via Getty images.

Recentemente Melinda Gates ha dichiarato un profetico “stiamo mandando le nostre figlie a occupare posti di lavoro creati per i nostri padri” che, più di tutto, rispecchia la realtà del settore alimentare. Sebbene l’industria del cibo abbia subìto notevoli cambiamenti nel corso dei secoli, non è riuscita ancora a mutare il proprio atteggiamento nei confronti delle donne, smuovendolo di poco da quello dell’Età della Pietra.

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Sempre non molto tempo fa, un cliente ha chiesto a una mia collega “ma come puoi essere una sommelier? Sei una ragazza!". Quella stessa sera un altro cliente ha pensato bene di tirare una pacca sul sedere di una cameriera. Il Cote non è un bordello né uno strip club, bensì un ristorante stellato che non ammette questo tipo di comportamenti. Ed io, che ho iniziato a lavorare nel settore ben 15 anni fa, ho assistito con i miei occhi a questo tipo di abusi e atteggiamenti misogini anche in altri ristoranti esclusivi di New York.

“Non c’è molto di cui meravigliarsi,” questo è stato il commento via Twitter di Tom Colicchio in seguito alle recenti accuse mosso contro Mario Batali. Ed è vero: tutte le terribili storie emerse e riguardanti Ken Friedman, Johnny Iuzzini e John Besh potranno anche aver scosso qualcuno, ma altri, specialmente le mie colleghe donne, erano tutto fuorché stupite. La stampa ha semplicemente acceso i riflettori su di una questione che noi avevamo già nitida davanti agli occhi: quegli uomini fanno venire il voltastomaco. Perché così tanti uomini continuano a utilizzare le proprie posizioni di potere per compiere soprusi e a maltrattare sia le donne che le minoranze? E come possiamo noi dare un taglio a questa catena di abusi?

Jordan Salcito, fondatrice di Ramona e direttrice del Wine Special Projects al Momofuku, vede proprio in questo periodo buio della storia dell’umanità una reale opportunità di cambiamento. “L’interesse collettivo mostrato in seguito a queste denunce d’intolleranza e molestie sessuali è rincuorante; rappresenta una spinta potente e chiara che permetterà a questo cambiamento culturale di permanere.”

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L’auspicio di Salcito, inoltre, è quello di vedere e “incoraggiare più donne a gestire e a diventare soci di ristoranti. Chi è in cima detiene pur sempre il potere.”

I ristoranti gestiti da donne, a oggi, possono risultare perfetti modelli di riferimento in una società dominata dagli uomini. Il Lilia, gestito da Missy Robbins, è per esempio uno di quei locali che Salcito nomina come imperdibili, assieme all’Air's Champagne Parlor di Ariel Arce, l’Ardesia di Mandy Oser e il Corkbuzz di Laura Maniec.

“Maggiore sarà il numero di donne forti che danno il buon esempio con le loro attività di successo, maggiore sarà la percezione e la garanzia di una New York della ristorazione meritocratica, da cui tutti possono trarre beneficio,” continua Salcito.

“Il nostro è un wine bar gestito quasi esclusivamente da donne,” racconta Maniec del Corkbuzz. “Abbiamo fatto sì che chiunque possa sentirsi al sicuro a riportare un qualsiasi tipo di problema a chi occupa una posizione più alta. Non possiamo controllare le azioni di tutti i dipendenti, ma così facendo speriamo di dare il buon esempio ed essere d’incoraggiamento.”

Ok, i ristoranti gestiti da donne saranno anche grandiosi, ma cosa mi dite dei cosiddetti boy’s club?

Abigail Oliveras, sommelier del The Pool, ha la soluzione che stavamo aspettando. “Dobbiamo mettere le donne in condizione di poter denunciare le molestie subite ai propri capi, dipendenti o addetti alle risorse umane. Per questo, una prima cosa da fare, è abolire il concetto che il cliente abbia sempre ragione. Non lasciate i vostri dipendenti da soli, in balia di clienti inopportuni. Non risolvete la faccenda suggerendo di evitare semplicemente un tavolo. Altrimenti quel tipo di clientela percepirà le proprie azioni come valide e legittime quando invece non lo sono. E voi, che sbagliano, dovete farglielo sapere.”

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Un primo passo necessario da attuare è trasformare l’ambiente lavorativo in uno totalmente professionale. Il secondo è permettere alle donne che vi lavorano di costruirsi una carriera solida nel corso del tempo. Una delle motivazioni principali dietro al dominio maschile dei vari settori è la penuria di aziende e compagnie disposte a pagare il congedo parentale o persino l’assicurazione sanitaria. L’Union Square Hospitality Group di Danny Meyer è uno dei pochi ristoranti in cui le donne possono permettersi di metter su famiglia. Qui i dipendenti a tempo pieno possono contare su 4 settimane pagate di congedo parentale, alle quali si sommano ulteriori altre 4 settimane di congedo pagate al 60%.

Per moltissime donne impiegate in altri settori il congedo parentale può sembrare una tutela data per scontata ma, per chi lavora nei ristoranti, spesso non lo è. E non finisce qui. Spesso, infatti, chi lavora nel settore della ristorazione teme persino di perdere il lavoro in caso di gravidanza, e a ragion veduta.

Ho assistito a un sacco di episodi di donne che, desiderose di ritornare nel mondo del lavoro, hanno trovato solo posizioni inferiori rispetto a quelle ricoperte in precedenza. Un caso è quello di Jessica Brown, ex wine director del The Breslin di Ken Friedman, che ha visto il proprio ruolo svanire nel nulla dopo aver annunciato la propria gravidanza. Come raccontato da lei stessa al New York Times, “Per Ken il fattore ‘sesso’ è importante. E una donna incinta non è sexy.”

Nonostante la situazione politica statunitense attuale, possiamo comunque muovere qualche passo per garantire al settore della ristorazione, nel 2018, la parità di genere. Per prima cosa, i ristoranti devono avviare politiche aziendali severe nei confronti delle molestie sessuali, da applicare sia ai clienti che ai professionisti. In secondo luogo, come anche affermato da Oliveras, “bisogna denunciare chi sfrutta e perpetra abusi. Investite nelle donne e, per l’amor di Dio, non solo nelle donne bianche!”.

Che poi, per metterla giù un po’ più semplice, basterebbe seguire le parole di Maniec. “Fate solo la cosa giusta.”