“Se si parla di gastronomia tout court, di fine dining, d’alta cucina, è un lavoro nel 100% dei casi non sostenibile. Ci vogliono i soldi. Bisogna esser ricchi.”
Mentre inizio a pregare che mio padre abbia per caso dimenticato qualche milione in banca da lasciarmi, mi chiedo da dove allora derivino le entrate di questi fantomatici critici. “Nel caso delle Guide dell’Espresso c’è un’alta concentrazione di giornalisti professionisti, mentre per esempio al Gambero Rosso ci sono notai, avvocati, medici, a recensire i locali. Le Guide dell’Espresso pagano 80 euro a scheda, oltre al rimborso del conto, le Guide del Gambero Rosso hanno la politica del no pay, vale a dire che rientrano solo degli scontrini, ma il lavoro di stesura scheda non è retribuito”.Il problema nasce quando l’enogastronomia allargando, come negli ultimi 7-8 anni, il proprio pubblico oltre misura. “Succede che tutti vogliono fare il critico, ma un giornalista guadagna 1000 euro al mese, dai 1500 ai 1800 nel caso dei direttori di testata. Con un weekend a Copenaghen, una stagione del Noma, una cena al Geranium, volo e hotel, ti sei già giocato uno stipendio. Sai quanti ragazzi ho visto mollare, perché non campavano con questo lavoro”.“Sai quanti ragazzi ho visto mollare, perché non campavano con questo lavoro”
“I critici non seguono una prassi corretta. Non vanno in incognito, non pagano i conti, scrivono di cene stampa. Quella roba lì non è critica gastronomica, è parodia della prassi”
Visintin aggiunge: “Ma sai qual è il bello? Se un giornalista prova ad avere un’opinione contrastante rispetto al resto della stampa, se la ritrova contro. Tre anni fa, Federico Ferrero scrisse quattro recensioni su La Stampa, di grandi ristoranti stellati italiani, evidenziandone i pregi, ma anche i difetti. Fatto sta che non è stato bersagliato dai cuochi stessi, ma dai giornalisti di settore, tutti schierati contro queste recensioni”.“Altri ancora vanno per conto loro al ristorante, peccato che vengano riconosciuti, e quindi non pagano. Qualche anno fa, al Trussardi alla Scala, ai tempi di Berton, non ci arrivava neanche il menu, perché in sala non c’era nessuno. A un certo punto vedo arrivare una folla di camerieri, in mezzo ai quali c’erano Fiammetta Fadda ed Enzo Vizzari. Il resto della sala era stato completamente trascurato per loro. Un episodio grottesco”.“Altri giornalisti ancora vanno per conto loro al ristorante, peccato che vengano riconosciuti, e quindi non pagano".
Nonostante tutto, riflettendoci, il giudizio della critica continua a influire in maniera determinante sul lavoro di cuochi e ristoranti. “Sì, ma anche questa è una deformazione, perché riguarda solo una piccola parte della ristorazione italiana, ovvero quel migliaio che ambisce al gotha, preoccupati dal parere dei critici , ma ormai nessuno va nei ristoranti stellati. C’è uno studio di questa società bolognese, la JFC di Massimo Feruzzi, che ha calcolato la media clienti sui ristoranti stellati in Italia: il risultato è venti clienti al giorno. Con un incasso medio di 2000 euro al giorno: gli stessi soldi che fa una pizzeria di medio cabotaggio a Milano, ma con costi molto superiori”. Tirate voi le somme.“La media clienti giornaliera di un ristorante stellato è di venti clienti, con un incasso medio di 2000 euro. Lo stesso guadagno di una comune pizzeria”
“Io prima di iniziare questo mestiere ho fatto un po’ di gavetta: ho lavorato in una bottega di Centocelle, ho frequentato corsi di cucina e di panificazione…"
“Ci vuole coerenza, esperienza, passione. Un obiettivo sostenibile rispetto ai propri mezzi e ambizioni. Ma soprattutto etica e attitudine a condire il tutto.”