Una giornata a City Life, il centro commerciale 'per fighetti' di Milano

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Una giornata a City Life, il centro commerciale 'per fighetti' di Milano

Complice la posizione e i suoi negozi, City Life è stato presentato come una roba da milanesi imbruttiti con cibo biologico, fashion e design.

Giovedì scorso ha aperto il City Life Shopping District, un'area commerciale di 32mila metri quadrati nel centro di Milano. Fa parte del progetto "City Life" che ha riqualificato la zona che un tempo ospitava la Fiera, ed è diventato famoso per i suoi due grattacieli (che presto saranno tre) e per ospitare la residenza della famiglia Fedez-Ferragni.

Nel 2004, anno della sua presentazione, l'iniziativa era stata criticata dai residenti della zona, che erano arrivati a fare ricorso (respinto) al TAR. Oltre alle proteste sulla quantità di aree verdi previste, giudicate insufficienti, "si interpretava"—spiega Expopolis, un libro del 2015 su Expo e i cambiamenti che avrebbe portato a Milano—"non a torto, il progetto come inutile per i bisogni non solo di chi vive nelle immediate vicinanze, ma anche della vita economica e pubblica milanese."

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Le critiche sono continuate anche negli anni seguenti, mentre il progetto andava avanti tra ritardi (tra cui quelli nella costruzione della terza torre) e ridimensionamenti (con la cancellazione del Museo d'arte contemporanea, previsto nel progetto originario) ma senza mai perdere il supporto del Comune e della maggior parte della stampa. Fino agli ultimi giorni, quando l'inaugurazione dello Shopping District con tanto di dj set e luci laser proiettate sulla torre Hadid ha raccolto grande entusiasmo tra i milanesi.

Complice la posizione e i negozi che ospita, City Life è stato percepito come una specie di centro commerciale in versione fighetta—una roba da milanesi imbruttiti con food biologico, fashion e design a profusione. Per capire quanto ci fosse di vero in quest'immagine, sono andato a farci un giro pochi giorni dopo l'apertura, forte della mia provenienza dall'estrema periferia (casa mia sta tra Quarto Oggiaro e Bovisa, e per arrivare a City Life da lì basta seguire le sagome dei due grattacieli).

city life milano negozi

Intorno a City Life è ancora tutto un cantiere brulicante di operai, gru e ruspe. I due grattacieli e i caseggiati residenziali di 13 piani sembrano incredibilmente fuori contesto in mezzo agli altri edifici della zona e alle loro facciate novecentesche. Gli stabili sono stati ribattezzati “navi da crociera”, ma tutto quel vetro e acciaio e il contesto grigiastro, con prati e siepi curatissimi, mi ricordano più che altro Blade Runner.

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Per una mia associazione mentale, da questo momento fino alla fine della mia visita sentirò risuonare nella mia testa l’intero Untrue di Burial.

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Invece appena entro l'ambiente mi sembra stranamente famigliare. In effetti è tutto molto simile a un centro commerciale relativamente grande come potrebbe essere quello di Arese: il tipo di negozi, il tipo di architettura, il tipo di persone presenti—ragazzini curiosi e anziani a passeggio, la tipica clientela dei centri commerciali appena aperti. Insomma, mi aspettavo più chihuahua nelle borsette e meno zarri di periferia usciti da scuola.

Dato che sono entrato dal lato ovest mi ritrovo al primo piano, dove ci sono i ristoranti e i fast food—un Panino Giusto, un BoMaki e un Pizza Italiana Espressa il cui nome distopico e industriale mi sembra appropriato all'impressione iniziale del posto. Con un rapido sguardo al menù realizzo che per pranzare in modo soddisfacente in uno qualsiasi di questi posti ci vogliono circa 25 euro.

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Oltre ai ristoranti, al secondo piano c'è anche il cinema Anteo—che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del centro, ma che è ancora chiuso perché una commissione comunale ha riscontrato numerose difformità rispetto al progetto originario. In compenso è aperto il bar del cinema, ma non c’è nessun cliente.

Scendo al piano inferiore, dove dominano i negozi di abbigliamento. C'è un Oviesse, che balza all'occhio per essere un po' fuori luogo vicino ai vari Levi’s, adidas e MAX&Co. Proprio davanti a quest'ultimo incontro due donne vestite di nero, distinte e apparentemente (e a essere sincero è questo il motivo per cui mi avvicino) danarose. E invece no, lavorano per il negozio.

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Secondo Mara, la prima con cui parlo, City Life è una realtà di cui tutti a Milano devono essere orgogliosi, “una zona per lo shopping, per il food, per tutto, un nuovo pool per i milanesi. Un progetto strepitoso”. Le chiedo cosa ci sia di diverso rispetto a un altro centro commerciale. Mi risponde che questo non è un centro commerciale, “è uno shopping district, perché è di livello più alto, si percepisce che è più elegante."

Mara non vuole farsi fotografare, così fotografo la sua collega Enza e un'altra collega uscita dal negozio per l'occasione.

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Poco più in là incrocio due ragazzi sui vent’anni, Eros e Ilenia. Eros mi dice di essere qui per cercare lavoro, “volevo portare qualche curriculum in giro, e poi per vedere il centro commerciale nuovo, coi marchi esclusivi… siam venuti a guardare.” Ilenia ride e aggiunge che per ora non sono certo lì per comprare, “perché non possiamo permettercelo.” Secondo Eros comunque il target è evidentemente medio-alto, e il contesto “molto appariscente, molto innovativo. A parte Tiger, Oviesse e Sephora sembra tutto molto costoso. Noi siamo abituati a quest’altro tipo di negozi."

Decido di spostarmi nella parte all'aperto del complesso, dove c'è un povero Carrefour sperduto in mezzo alla sezione tecnologia e design. Mentre mi dirigo verso l'uscita vengo fermato da una folla di persone con in mano dei palloncini a forma di cuore. Chiedo a tre ragazze, Eleonora, Federica ed Elisa, che cosa sta succedendo. Risposta: è un evento organizzato da Stroili con Luca Argentero e Melissa Satta. Ok.

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Ne approfitto per chieder loro cosa pensano di questo centr… ahem, shopping district. Eleonora mi dice che le sembra “un centro commerciale come un altro, ci sono negozi che ci sono anche altrove e penso che i prezzi non cambino solo perché è nella zona da ricchi in cui abita Fedez… mi sembra un centro commerciale come quello di Arese, anche in estetica.” Quindi non sono l'unico ad aver avuto quest'impressione.

Anche Federica è d'accordo—“i centri commerciali, come design, sono tutti uguali," mi dice—mentre Elisa aggiunge che “è situato in una zona top: in centro non si è mai visto un centro commerciale così grande, quindi è una comodità per tutti quelli che stanno a Milano, non solo per chi ci abita vicino.”

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Eleonora, Federica ed Elisa.

Le tre ragazze sono lì su invito dell’agenzia che organizza l’evento, per la quale hanno lavorato. Mi accodo a loro ed entro nel minuscolo negozio di Stroili dove, tra teche che espongono i gioielli, mi è concesso per qualche minuto di contemplare le facce della Satta e Argentero che si fanno intervistare e si fanno selfie coi presenti.

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Sfuggo alla folla palloncinata e vado fuori. La zona dei negozi tecnologici e di design è oggettivamente la parte più fighetta e milanese del complesso.

Nel presentare City Life, la stampa ha dato molto rilievo alla presenza del negozio di DJI, un’azienda cinese specializzata in droni e videoriprese aeree. Ovviamente ci vado, per trovarmi di fronte a un negozio minimale, bianco e nero, con un'estetica che ricorda quella di Apple. All'interno oltre a vari modelli di droni—da un drone giocattolo che costa 100 euro a quelli per riprese aeree professionali che ne costano diverse migliaia—ci sono anche dei visori per la realtà virtuale.

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Dentro il negozio parlo con Alessandro, che lavora per DJI. Mi dice che hanno scelto di aprire la loro seconda sede italiana a City Life perché "il contesto è ottimale a livello estetico e perché Milano è una città molto ricettiva nei confronti delle novità tecnologiche." "Le vendite stanno andando molto bene," mi dice, "il primo giorno abbiamo avuto soprattutto appassionati, ma già oggi la clientela è molto variegata."

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Di fronte a DJI c'è un negozio di design che espone in vetrina una schiera di nani rossi che mostrano il dito medio ai clienti. L’insegna recita Democracy Design, un nome che mi spinge ad entrare e parlare col proprietario, Fabio Alessi.

Alessi mi dice che ha scelto questo nome perché "qui con 20 euro ti puoi portare a casa un pezzo di design—che design, che vuol dire, è una parola che si usa per ogni cosa… diciamo che la realizzazione di questi oggetti è stata pensata." Poi, rispondendo alla mia domanda sul pubblico di riferimento del centro, aggiunge che “le classi sociali non esistono più, o meglio, ormai le differenze sociali si sono trasformate in differenze culturali. Ci vorrà tempo per capire chi effettivamente usa questo centro, chi viene… per ora il target è variegato." Secondo Alessi, è proprio la differenza culturale che ti fa accettare di “spendere 10 euro per delle polpettine da Meatball."

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Dopo essermi congedato decido di fare un salto nel negozio di Huawei che sta proprio lì di fronte ed è uno di quelli di cui si è parlato di più in vista dell'apertura di City Life.

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Allora, premessa: nel mio immaginario, Huawei è lo smartphone poco costoso che ha potuto tenere testa a Samsung e iPhone proprio in virtù del rapporto qualità-prezzo. Ma come scopro entrando nel negozio Huawei ha anche molti prodotti di fascia alta e soprattutto ha realizzato per City Life uno store super-tecnologico con uno schermo che copre un'intera parete, una macchina per personalizzare le cover in tempo reale e così via.

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Per Isabella Lazzini, Retail Director di Huawei, City Life è "il luogo giusto in cui sperimentare uno store nuovo, di tipo esperienziale." Alle mie domande sulla classe sociale dei clienti mi risponde che in questi due giorni il pubblico è stato di diverso tipo, di diverse fasce d’età e di diverse nazionalità, Insomma, le vendite sono andate molto bene.

A questo punto torno nella zona food per cercare di mangiare qualcosa—con poco, però. Il posto più economico che trovo è il Bistrot City Life, gestito da Autogrill, dove una pizzetta e una bottiglietta d’acqua vengono 6,80 euro.

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Mi siedo e parlo con due ragazzi seduti al tavolo vicino, Giulia e Diego. “Non lo definirei un posto da ricchi”, dice Giulia, “ma un posto che si adatta a questa zona, in cui c’è un po’ di tutto. Posti per chi abita qui in residenze da 13mila euro al metro quadro quanto per chi abita dall’altro lato della strada… anche il mangiare è tutto sommato di fascia media.”

"Il posto è architettonicamente interessante, ma ancora più interessante è il margarita a 4 euro”, mi dice Diego parlando del ristorante messicano del centro. “Noi comunque facciamo un giro ma andiamo a mangiare da un’altra parte”.

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Incuriosito, mi alzo per andare verso "il messicano" a farmi un meritatissimo margarita. Sul palcoscenico montato di fronte al cinema Anteo qualcuno sta suonando. Scopro che si tratta degli Shazami, il duo di Francesco Mandelli dei Soliti Idioti (alla chitarra) e Federico Russo di The Voice (alla voce). Si fanno chiamare rispettivamente Sasha e Joshua, parlano solo in inglese, suonano cover di gruppi alternative rock e mi fanno scappare ancora più velocemente verso il margarita.

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Margarita che, scopro quando arrivo al bar del ristorante, è "da pasto", cioè praticamente analcolico. Lo sorseggio mestamente, ed è in quel momento che si ferma la riproduzione shuffle di Burial che ho nella testa da quando sono arrivato.

Essere fighetti (o non esserlo affatto) può anche andare bene, ma l'alcol nel margarita ce lo voglio. Quando esco di nuovo sono ancora più in Blade Runner, sotto la torre Hadid illuminata dai laser.

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