Crescia di pasqua marchigiana
Cibo

Fare la pizza al formaggio marchigiana è stata la mia missione per Pasqua

La crescia o pizza al formaggio è una bomba di formaggio, uova e felicità. Abbiamo imparato a farla e siamo così generosi da spiegarvelo.
Francesco Morresi
Senigallia, IT

“In una festività dove si celebra la rinascita una cosa che muta e si solleva trova senz’altro una collocazione ideale”

Alcuni la chiamano pizza di Pasqua, altri pizza al formaggio. Quello che è certo è che la crescia di Pasqua si fa in tutto il territorio regionale delle Marche e in buona parte di quello umbro — alcuni ne rivendicano la maternità anche in Lazio e in Abruzzo. Io però sono marchigiano, e quindi dico che sia roba solo nostra, che siamo stati noi a inventare tutto, che se si vuole mangiare quella più buona, quella più sincera, quella vera, si deve venire qua. Mi dispiace.

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La crescia è un lievitato la cui forma ricorda quella di un panettone. Contiene una quantità di pecorino in grado di far impallidire un pastore sardo e durante il periodo pasquale nelle Marche si trova un po’ dappertutto. Quasi tutte le famiglie si tramandano una ricetta domestica e tutti i forni ne producono a centinaia. Cerchiamo di capire da dove arriva questa pizza. 

La storia della Crescia di Pasqua (Marchigiana?)

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La crescia di Pasqua. Tutte le foto di Luca Zandri.

Per schiarirmi le idee sulla storia della crescia ho fatto una chiacchierata con Tommaso Lucchetti. Tommaso è uno storico dell’alimentazione delle Marche e del Centro Italia, insegna all’Università di Parma e sono decenni che scava tra archivi e biblioteche. Diciamo che mi piace pensare che sia il più grande esperto vivente di cresce pasquali. 

“Possiamo iniziare dal nome: crescia. Il termine si riferisce al concetto di crescita; il tema della lievitazione è collegato da sempre alla Pasqua. In una festività dove si celebra la rinascita una cosa che muta e si solleva trova senz’altro una collocazione ideale.”  Le cose si complicano se vogliamo invece cercare l’origine di questa preparazione. Quando è stata fatta la prima crescia di formaggio? 

“È impossibile azzardare la data di nascita di un prodotto da forno così diffuso. Caratterizza la quasi tutto il territorio del vecchio stato pontificio e i dati più risalenti che abbiamo a disposizione nelle Marche sono alcune carte manoscritte di dispensa e cucina di qualche monastero, come i fogli di ricette delle clarisse del monastero di Santa Maria Maddalena di Serra de' Conti, databili verso la metà dell’Ottocento. Inoltre nella seconda metà dello stesso secolo la crescia compare in due ricettari stampati a Loreto: Il Cuoco delle Marche (1864) e Il cuoco perfetto marchigiano (1891).” 

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“Non si preparava una sola crescia. Poteva capitare che per ogni famiglia il Venerdì Santo se ne infornassero a decine. Rimanevano in casa per settimane”

Benché sia ragionevole sospettare che fosse comunque in uso preparare queste cresce anche prima della metà del diciannovesimo secolo, Tommaso mi sconsiglia di azzardare ipotesi in questa direzione. “Un’altra cosa importante da immaginare se si vuole comprendere come la crescia sia diventata un'importante tradizione regionale è il momento in cui questa veniva inaugurata”. 

La tavola della Pasqua, almeno fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), era il primo momento di rottura dopo le giornate “di magro” prescritte dalla quaresima. “A Pasqua si festeggiava anche il ritorno di molte cose buone da mangiare e l’abbuffata iniziava già dalla colazione”.

A colazione si mangiavano le uova e i salumi. Si stappava un fiasco di vino e, al posto del pane, si affettava la crescia. “Non si preparava una sola crescia, poteva capitare che per ogni famiglia il Venerdì Santo se ne infornassero a decine. Si regalavano, si scambiavano, rimanevano in casa per settimane. Magari si consumava fino a maggio inoltrato — e le molte ricette di minestre e zuppe pensate per riutilizzare la pizza una volta diventata dura testimoniano questa prassi.” Chiusa la parentesi storica passiamo alla ricetta. 

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La Crescia di Pasqua secondo le nonne marchigiane

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ingredienti. Tutte le foto di Luca Zandri.

Per trovare una ricetta da riportare ho intrecciato testimonianze e consigli di un discreto numero di venerabili nonne, cognate e mamme di amici: alcune hanno esordito subito dicendo che non mi avrebbero dato le dosi, altre dicono che hanno sempre fatto a occhio.

Alla fine è apparsa come un angelo Rita Gasparini. Detta “la Rita”, è la mamma di amici. Quando prepara da mangiare ci si trasforma tutti in segugi, si annusa l’aria, sale la tensione e si aspetta la chiamata per la tavola. Rita ha occhiali larghi, riccioli biondi e le mani di chi ha passato una vita a preparare cose buone. Dice che la sua ricetta non ha nessun segreto, che anzi, le è stata data da un vecchio collega e saranno ormai trent’anni che la segue. Dice anche che tutti quelli che assaggiano la sua crescia le fanno i complimenti e che se voglio posso usarla senza problemi. 

Ecco la ricetta per preparare una crescia di Pasqua: se ne volete fare più di una basterà aumentare proporzionalmente le dosi. Va da sé che a far la differenza sarà la qualità degli ingredienti impiegati, ma se anche non avete a disposizione delle uova di casa state calmi, qualcosa di buono verrà fuori comunque. 

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Impasto. Tutte le foto di Luca Zandri.


La ricetta della crescia di Pasqua

Ingredienti

  • 500 g di farina 00 (se vi sentite bravi con i lievitati e volete usare farine meno raffinate fate come volete)
  • 50 g di olio extra vergine d’oliva 
  • 4 uova 
  • 75 g di pecorino stagionato grattugiato (romano, sardo, toscano quello che trovate o quello che vi pare) 
  • 75 g di Parmigiano Reggiano grattugiato 
  • 250 g di pecorino fresco a pezzetti (vi servirà un formaggio che possa fondere, qua nelle marche se ne consuma molto di pecorino fresco, se non riuscite a trovarne potete sostituirlo con del formaggio svizzero tipo Emmental)
  • 10 g di sale 
  • 10 g di pepe (se non vi piace mettetene meno)
  • 100 g di lievito di birra (di lievito ne serve parecchio per far crescere bene la crescia. La signora Gasparini consiglia di andare a prenderlo in un forno: dice che di solito è più reattivo di quello che si compra al supermercato. Bussate al fornaio sotto casa e chiedete.) 

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Impasto con formaggio. Tutte le foto di Luca Zandri.

Per quanto invece riguarda la strumentazione è molto semplice: servono un forno statico, della carta da forno e una teglia d’alluminio cilindrica con i bordi alti, che si trova senza grossi problemi in un qualsiasi negozio di casalinghi.

La prima cosa da fare è creare la massa che poi dovrà lievitare: “È importante evitare il contatto diretto tra l’olio e il lievito di birra!”. Io quando si parla di lievito finisco sempre in paranoia: chi dice che non deve toccare il sale, chi lo fa sciogliere in acqua, chi lo sbriciola. Io faccio come dice la Gasparini. 

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L'autore che impasta. Tutte le foto di Luca Zandri.

Se avete una planetaria usatela pure, altrimenti basta fare un paio di risvolti alle maniche e si può impastare tutto a mano. Mettete tutti gli ingredienti tranne il pecorino a pezzetti e l’olio dentro una bacinella larga; le uova sbattetele a parte prima di versarle e per aggiungere il lievito lasciatelo prima sciogliere in mezzo bicchiere di acqua tiepida.

Fatto questo e amalgamato il composto tuffate il pecorino a pezzetti e l’olio; rendete di nuovo uniforme l’impasto e finitelo di lavorare su un piano aiutandovi con dell’altra farina.

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L'impasto della crescia. Tutte le foto di Luca Zandri.

Appoggiate sul fondo della teglia un cerchio di carta da forno e ungete tutto ben bene con dell’altro olio o del burro. Per scongiurare il rischio che durante la cottura la pizza strabordi evitate di riempire la teglia per più della metà della sua altezza. 

“Per farle lievitare si appoggiavano tutte le masse su un letto con al centro il ‘prete’, un attrezzo di ghisa riempito di braci”

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L'impasto che lievita. Tutte le foto di Luca Zandri.

Versato l’impasto è il momento di lasciarlo crescere. Scaldate il forno al minimo e dopo pochi minuti spegnetelo. Infornate la teglia e copritela con un canovaccio. Un’ora sarà sufficiente per far raddoppiare la massa, tiratela fuori e lasciatela da qualche parte dove non subisca sbalzi di temperatura. 

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L'autore con la crescia. Tutte le foto di Luca Zandri.

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Tutte le foto di Luca Zandri.

Ora riscaldare il forno a 220 gradi e infornare per 45 minuti. Se vedete che la parte sopra diventa troppo scura coprite la crescia con un foglio di alluminio e abbassate la temperatura. Forate la superficie con uno spiedo o con un coltello per assicurarvi che sia ben cotta.

La casa inizierà a profumare in maniera insostenibile. Rita dice che suo marito Gino non resiste mai a non mangiarsene subito una fetta: “Tutte le volte me dice: je posso dà na coltellata?”. Per me se riuscite a resistere il tempo che si raffreddi è ancora più buona. L’impasto sarà compatto e i punti dove il pecorino s’è sciolto comporranno in ogni fetta delle belle colature.

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La crescia di Pasqua marchigiana. Tutte le foto di Luca Zandri.

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Pizza pasquale. Tutte le foto di Luca Zandri.

Rita racconta che nella casa dove è nata abitavano 21 persone, quando era il tempo di preparare le cresce ne preparavano quasi cento uova (da quello che ho letto e ascoltato, le uova usate sono spesso riportate come unità di misura per stabilire quante cresce si sono preparate).

Dice che per farle lievitare si appoggiavano tutte le masse su un letto con al centro il “prete” (un attrezzo di ghisa che veniva riempito di braci e messo sotto le coperte per scaldare il letto quando nelle case non c’erano i riscaldamenti) e poi si coprivano tutte con un lenzuolo. Mentre me ne parla sorride. 

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L'autore è molto fiero del suo risultato. Tutte le foto di Luca Zandri.

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La bellezza della torta di Pasqua. Tutte le foto di Luca Zandri.

Preparare la pizza di Pasqua non è oggettivamente così difficile. Fatene due belle fette, farcitele con i salumi che vi piacciono di più e regalatene un pezzetto a qualcuno cui volete bene. 

Ultimo aneddoto: in alcune zone delle Marche ne preparano anche la versione dolce, con meno formaggio, glassata e ricoperta di zuccherini colorati. Io sono per la versione tradizionale, ma nel caso vogliate provarla non vi giudicherò.

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