pasticcerie storiche di Roma
Tutte le foto di Andrea Di Lorenzo per Munchies 
Cibo

Il mio tour alla scoperta delle pasticcerie vintage di Roma in un solo giorno

Chiamiamole storiche, vintage se vogliamo, ma la cosa importante è che in queste pasticcerie di Roma trovi un'atmosfera e dei dolci senza tempo.
I nostri insani food tour in tutta Italia, alla ricerca del cibo di strada migliore o ricette iconiche senza tempo.

Sono le sette meno qualcosa di mattina, e sono sveglia. Se fossi Anna Wintour sarei in piedi dalle 5 e starei giocando a tennis. Invece mi preparo a fare un giro delle migliori pasticcerie vintage di Roma, con il fotografo Andrea Di Lorenzo, che in confronto a me sembra uno straccio da cucina.

La maggior parte delle pasticcerie sulla mia lista apre intorno a quest’ora, che è anche la migliore per visitarle: poca gente, paste appena sfornate, nessuno che parla a voce alta. Da questo tour, che si annuncia molto impegnativo, escluderemo di proposito le pasticcerie “famose”, non perché non siano buone, ma perché è più bello infilarsi tra quattro mura fuori da qualsiasi narrazione.

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Perché vintage? Non perché fa figo, non perché indosso un giacchetto jeans di vent’anni fa, ma perché l’ha deciso Irma, e chi sia Irma lo capirete solo leggendo il resto di questo tour. 

La pasticceria Carmignani a Val Melaina 

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Pasticceria Carmignani. Tutte le foto di Andrea Di Lorenzo

L’orologio segna pochi minuti dopo le 7 quando arriviamo alla Pasticceria Carmignani a Via di Monte Cervialto. L’insegna è bellissima, con le lettere verdi dai contorni bianchi e arrotondati e la ringrazio per esserci e avermi spinto fino a Val Melaina, zona altrimenti sconosciuta, almeno per me. Per arrivare qui c’abbiamo messo mezz’ora di motorino, mentre il sole sorgeva sulla tangenziale e faceva un freddo cane.

Antonella è la titolare e mi ha raccontato che questo posto è stato aperto dai suoi genitori nel 1970. Venivano da un paesino vicino a Pisa e appartenevano a quella stirpe toscana di pasticceri (come i celebri Marinari e Regoli) che vennero a Roma per sfornare pastarelle, torte e biscotti con cui i romani festeggiavano le ricorrenze e celebravano le domeniche. 

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La storia di Carmignani e praticamente di tutte le altre insegne storiche chiarisce che una vera tradizione di pasticceria romana non esisteva, se escludiamo quella giudaica. Che a Roma i dolci li hanno portati e fatti conoscere pasticceri che venivano da fuori. In particolare dalla Toscana, dalla Campania e dalla Sicilia. Che quindi quello che sembrava un semplice tour, alla fine è una storia di migrazioni. Ma con lo zucchero e panetti di burro nella valigia.

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L'autrice mentre fa la prima di tante colazioni

Infatti dal banco avvisto subito una pastarella ripiena di zabaione e coperta di zuccherini e la faccio mia. Per cominciare, sarà una bomba! 

I tramezzini di Luperini

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Ancora piuttosto spaesati, ci spostiamo verso Luperini, dove entrano in gioco i tramezzini. Perché in un giro delle pasticcerie vintage il filo conduttore non è la torta mimosa, l’occhio di bue, la peschetta ripiena o il ventaglio, ma il luogo che ci accoglie: i vassoi dorati, le vetrine con le crostate pensili, i soffitti alti, spesso soppalcati, il banco dei dolci, a due e tre piani. L’esterno di Luperini sembra moderno, ma l’interno con la vetrina tradizionale, tradisce un’origine antica. Apre infatti nel 1961 e oltre a specializzarsi nei dolci (vedi la Sacher lucidissima che svetta in vetrina) diventa un posto rinomato per i suoi tramezzini. 

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Ne hanno ben 20 gusti preparati con un pane dalla ricetta segreta. Non posso tirarmi indietro e ricevo felice un tramezzino con taleggio e melanzane.

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Andrea, il fotografo, vorrebbe inaugurare e chiudere la parentesi salata della giornata con quello che celebra i 60 anni di attività, il maialino tonnato, ma purtroppo a quest’ora non è ancora disponibile. Gli toccherà quindi un cavallo di battaglia: il tramezzino con l’insalata di pollo. Tutto buonissimo, peccato che in due morsi è già finito. Mi scusino i veneti, era sublime

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Antica Pasticceria Regina Margherita - Bling Bling 

Non esiste nessuna pastarella più vintage del cigno

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Fanno le lettere dorate dell’Antica Pasticceria Regina Margherita e sono così lucide e così luminose che non credo ne esistano altre tanto lucide e tanto luminose in tutta Roma.

Ma è dentro che si nasconde forse la sorpresa più grande. La vedo dopo fiumi di Saint Honoré e chili di adorabili pasticcini, carichi come la slitta di Babbo Natale: è un cigno, anzi tanti cigni. Da adolescente, quando non cucinavo nulla se non il caffè per gli ospiti, passavo i pomeriggi a sfogliare i volumi di pasticceria di mia madre e il cigno aveva sempre un posto speciale tra quelle pagine.

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Il cigno

Una sofisticata architettura secondo cui da un bignè ricco di panna si diramano due mezzelune di pasta choux e uno svirgolo a mo’ di becco fatto della sostanza di cui sono fatte le porcellane di nonna e le credenze delle case di campagna. Un sogno insomma. 

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Mentre la responsabile del negozio me ne offre uno, mi racconta che l’indirizzo è lì dal 1955 e che proprio nel 2020 ha festeggiato i 65 anni. “Non facciamo più quelle grandi della domenica” mi dice riferendosi alle pastarelle “ma il nostro top sono il diplomatico e il cigno. Non esiste nessuna pastarella più vintage del cigno”.

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E non sarò certo io a darle torto, che per addentarla e mantenere un po’ di decoro esco fuori. Oltre ad essere bella è buonissima, farcita con grande generosità e fatta da non più di mezz’ora. Ora spero sia chiaro perché è più vantaggioso svegliarsi presto. 

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Dagnino, la prima pasticceria siciliana a Roma

Dagnino è stata la prima pasticceria siciliana di Roma, raccontano. E si trova in una galleria molto elegante nei pressi di piazza della Repubblica.

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All’esterno tra i tavolini c’è anche un pianoforte, mentre dentro è un tripudio di dolci e salati. I Dagnino vennero da Palermo nel 1952 portando nella nostra città di neofiti frutta martorana, cassate, brioches e arancine. Ma anche un artista siciliano per pitturare le vetrate della sala da tè. 

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Nel tempo gli usi si sono adattati alle esigenze di questa grande e prepotente città, per cui oltre ai cannoli e alle mandorle declinate in qualsiasi sembianza, da Dagnino le pastarelle tanto care ai romani sono state interpretate con ingredienti dell’isola. Come quelle ripiene con la crema di pistacchio o quelle con la farcia del cannolo e i pezzi di cioccolato grossi e fondenti in modo indimenticabile.

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Non vado in Sicilia da diversi anni, quindi ne agguanto tre (poteva mancare un cannolo?) ed è quasi un viaggio. 

Pasticceria Duca - Ciao P. 

È a questo punto del tour che entra in gioco Pacifico, mio nonno. Sicuramente la persona più golosa mai transitata al mondo, almeno prima che nascessi io.

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La pasticceria Duca si trovava proprio vicino casa sua e casa dei miei, tanto che tutte le domeniche era tappa fissa per i cabaret di pastarelle avvolti nella carta verde e nel nastro dorato. Negli anni ho conservato ricordi quasi ossessivi delle sue torte mimose e di quelle pastarelle, enormi (non mi spiegherò mai quel suffisso diminutivo) che erano tanto grandi da richiedere un taglio in due o tre porzioni.

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Anche i Duca sono della Sicilia. Giacomo e Natalia stanno insieme da 55 anni, e lui fa il pasticcere dalla fine delle scuole medie, 71 anni. La pasticceria invece è in Via Magna Grecia “solo” dall’81, perché prima Giacomo lavorava in altre sedi. È lui ad aver creato Ofelia, una pastarella con doppio strato di pasta sfoglia che racchiude abbondante crema per un notevole peso specifico.

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Prima di papparmela ricordo a Natalia di mio nonno e ci scambiamo l’amicizia su Facebook (lei ha come immagine del profilo una crostata di frutta). 

Pasticceria Savarese, con Irma 

“Io sono venuta qui per dare una mano, ma questa è rimasta così, vintage” dice in riferimento alla pasticceria, regalandomi la chiave del mio tour

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Questo è il punto di svolta del tour. Siamo arrivati alla pasticceria Savarese dove lavora Irma, una delle persone più simpatiche di questa giornata nonché tecnico delle nocciole. Me lo racconta mostrandomi il suo libro e la torta “alle tre nocchie” con tre diversi tipi di nocciola. “Io sono venuta qui per dare una mano, ma questa è rimasta così, vintage” dice in riferimento alla pasticceria, regalandomi la chiave del mio tour “Pensa che avevamo la porta a motore e l’abbiamo tolto. Ora te la apri a mano”.

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Siamo in una pasticceria napoletana e i nostri discorsi hanno come sottofondo i simpatici bisticci di Irma con sua madre Pina, che di anni ne ha 83, “Qui la gente viene per farsi per farsi due risate” e per le pastiere sfornate il giovedì o il venerdì dice Irma.

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La storia è che Pina e le sue sorelle, Pierina e Grazia, venivano da Giffoni, un paese in provincia di Salerno. La loro famiglia si trasferì a Roma e aprì un’altra pasticceria (Fortunato, di cui parleremo dopo). Poi le sorelle si separarono e inaugurarono Savarese. Pina non sta ferma un secondo e vuole convincermi a mangiare tutto il banco che, devo confessare, straborda di babà, crostatine, biscotti, sfogliatelle, e all’esterno di meringhe grosse come la mia faccia.

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Mentre mostra a una sua amica le torte del frigo, rimango affascinata da una pasta choux con la glassa rosa, forse perché pensavo fosse una specie estinta. Mi metto in un angolo e mi godo questo momento di zabaione e anni ’80, intanto il fotografo ritrae la famiglia con i pasticceri più giovani.

Fortunato sulla Tuscolana. Come fosse domenica 

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Probabilmente una persona qualsiasi, tipo il fotografo, a questo punto starebbe boccheggiando, ma io no anche se ho mangiato più di 10 dolci diversi. Ad accoglierci da Fortunato su Via Tuscolana c’è Elia, figlio di Marco e nipote di Osvaldo, che aprì la pasticceria nel 1961 non tanto lontano da dove si trova ora.

Fortunato ha un banco dei dolci sconfinato, più la caffetteria, che manca alle pasticcerie più antiche. È un presidio della tradizione napoletana a Roma con i suoi struffoli, i casatielli, le frolle, le sfogliatelle, le zeppole, i roccocò. Ma sono le pastiere e i babà i dolci più ambiti perché vengono realizzati su ordinazione per le occasioni speciali, come ci racconta Elia mostrandoci due esemplari fuori formato di diversi kili ciascuno. 

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Ma tra i banchi, anche se è venerdì e anche se il fine settimana non è ancora arrivato, c’è il vero monumento dei pranzi della domenica romana. Sto parlando del diplomatico: qui sfogliato, farcito e tagliato a fette.

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Mentre ne ammiro il colore rosa carminio e giallo crema, un signore entra e lo ordina insieme al caffè. Non posso tirarmi indietro ed evitare l’assaggio mentre prendo il sole nei tavoli che danno sulla strada.

Il colore dell’alchermes è infuocato e il sapore del dolce non è da meno. Perché non si dica che non mangio sano, lo accompagno con una tartelletta di frutta con il cestino di sfoglia al posto della frolla. 

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Tichetti

È a questo punto, in prossimità della fine, che comincio ad accusare gli zuccheri. Fortunatamente manca solo una tappa.

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Si tratta di Tichetti, un indirizzo caldamente consigliato agli abitanti del Tuscolano. “Qua ci siamo nati” racconta Stefania, di lei, del fratello Luca e della sorella Patrizia, mentre mostra le foto del padre e della madre alla parete, che comprarono la pasticceria “con un marea di cambiali e una stretta di mano” quando in quella zona non c’era nulla. 

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Anche loro aprirono nel ‘61, e anche loro, come Fortunato e come Luperini, festeggiano 60 anni di attività nel 2021. Purtroppo oggi non incontrerò la signora Renata, vero mito di questa pasticceria, ma incontrerò senza dubbio i suoi dolci.

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Tra le proposte cattura la mia attenzione quello che sembra un maritozzo e invece è una botticella, un impasto soffice bagnato di alchermes e ripieno di panna.

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Accanto a lei c’è una lunga pastarella ripiena di crema chantilly, cosparsa di zucchero a velo e sormontata di zuccherini che sembra destinata a chiudere il cerchio.

E davanti alla scritta “60” fuori dalla porta, con la faccia impiastricciata di zucchero a velo, il tour si conclude e siamo pronti per tornare a casa.

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