Menu degustazione Hisa Franko senza alcol
Foto per gentile concessione di Kaja Sajovic 
Cibo

Si può mangiare in un ristorante stellato senza bere alcolici?

In Slovenia, paradiso dei vini naturali, ho passato 4 ore a tavola senza toccare un goccio di vino nel ristorante più famoso del paese: Hiša Franko.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

Proporre un abbinamento analcolico più entusiasmante della cedrata con ghiaccio è un gesto inclusivo

“Oggi a pranzo proverete l’abbinamento analcolico. Niente vino per voi!”.

Io e la mia compagna di tavolo ci scambiamo uno sguardo allarmato. Abbiamo sentito male? Abbiamo sicuramente sentito male. O forse hanno sbagliato tavolo. Forse volevano dirigersi a un altro tavolo e non al nostro, che alle ore 12 siamo già al secondo bicchiere di aperitivo?

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Ci viene servito un bicchiere di kefir a base acqua aromatizzato con kaffir lime, pepe di Szechuan, cetriolo e pimpinella. “Starebbe benissimo in uno Spritz,” commenta cupamente fissando il bicchiere

Immaginate il suono che fa la parola ‘analcolico’ in un paese come la Slovenia e in un ristorante come Hiša Franko, al 38esimo posto della classifica dei migliori ristoranti del mondo, con una cantina che è una specie di Valhalla per gli appassionati di vino naturale. Eppure eccoci qui, alle 12.30 di un giorno di pioggia, mentre ci viene servito un bicchiere di tibiscos (kefir a base acqua) aromatizzato con kaffir lime, pepe di Szechuan, cetriolo e pimpinella. È fresco e leggermente speziato. “Starebbe benissimo in uno Spritz,” commenta cupamente la mia amica fissando il bicchiere.

Il nuovo menu degustazione post-lockdown della chef Ana Roš prende ispirazione da Il grande mondo, un capitolo del suo libro appena pubblicato, e ha come filo rosso tecniche, ricette e prodotti estrapolati dai suoi viaggi intorno al mondo negli ultimi anni. Mentre sviluppava il nuovo menu ha iniziato a pensare a un possibile abbinamento analcolico.

Troppe bevande fermentate potrebbero creare problemi di digestione

Ma torniamo al bicchiere di tibiscos: “dovrebbe essere frizzante”, ci spiega Nastasja Chiara Petrić, ma le sperimentazioni sono ancora in corso. Nastasija è una chef croata esperta di fermentazioni che insieme al marito e giornalista Hrvoje sta sviluppando tutti i drink. “Siamo partiti da 30 per scendere a circa 9 bicchieri a pasto, ma forse diminuiremo ancora,” racconta. “Bisogna stare attenti con le quantità: gli assaggi devono avere dimensioni contenute perché troppe bevande fermentate potrebbero creare problemi di digestione.”

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Le entrée.jpg

Le entrée del menu degustazione

In Scandinavia alcuni dei ristoranti più famosi (e costosi) come il Geranium propongono da tempo pairing analcolici. In Italia l’alternativa analcolica è quasi sempre inesistente: Coca Cola o tutt’al più acqua tonica. Tra le poche eccezioni c’è il ristorante Radici a Como di cui vi abbiamo parlato qui. Arrivano i primi assaggi del menu e in effetti il nostro drink al cetriolo ha un kick acido piacevolissimo che apre bene il palato.

Il prezzo è 255 euro per il menu con i vini sloveni, 315 con vini da tutto il mondo, 220 con i cocktail analcolici.

A seguire ci viene versato il kombucha di fragole e semi di finocchio. È buonissimo. Ma non buonissimo-in-mancanza-del-vino. Buonissimo punto. Ogni abbinamento viene scelto per accompagnare un determinato piatto, esaltando altri sapori o ingentilendone altri.

Il succo di barbabietola.jpg

Sembrava vino e invece era solo succo di barbabietola

Per quanto il vino mi piaccia, non sono mai stata interessata al suo aspetto tecnico-degustativo. Di solito a una cena in compagnia preferisco scegliere una (o due. O tre. Insomma, non siamo qui a fare il conto di quanto io e i miei amici e il mio fidanzato beviamo, no?) bottiglie, e non fare l’abbinamento al calice, perché non riesco ad apprezzare le sfumature del pairing quanto vorrei. Con i drink analcolici è diverso: c’è un’enorme varietà di sapori, ingredienti - molti dei quali provenienti dai boschi circostanti dove Ana e il suo team vanno spesso a fare foraging - e storie dietro ogni bicchiere.

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E tutto il lavoro che c’è dietro ai fermentati, letteralmente settimane per ogni bevanda, aiuta a comprendere il prezzo dell’abbinamento che comunque è nettamente più basso che quello con i vini: 255 euro il menu con i vini sloveni, 315 con vini da tutto il mondo, 220 con i cocktail analcolici. Mi rendo conto di parlare di cifre altissime che non tutti vogliono, o possono, spendere per un’esperienza gastronomica. Ma siamo nella media delle esperienze ristorative di questo livello.

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Un piatto del menu degustazione

Ci viene servito un kvas, bevanda fermentata di pane (ovviamente quello al lievito madre del ristorante): “Abbiamo iniziato a lavorarci una settimana fa,” mi raccontano Nastasja e Hrvoje. “Prima si tosta il pane poi si immerge nell’acqua bollente e zuccherata. In alcuni casi aggiungiamo qualcos’altro, come le fave di cacao. Poi inseriamo il lievito madre per far partire la fermentazione e lo lasciamo a temperatura controllata. Si controlla ogni giorno per vedere se la fermentazione sta funzionando. È una cosa viva quindi non sappiamo mai esattamente quando sarà pronta.” Abbinata alla Pasta ripiena di maialino da latte con ciliegie, fiori di sambuco e rafano selvatico è una bomba.

Le note prese sul menu che diventano sempre un po’ più confuse man mano che ci si avvicina al dessert. I bicchieri che vengono lasciati davanti a te e l’irresistibile tentazione di prendere un ultimo sorso da ognuno a fine pasto.

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Questo è il momento del menu in cui mi rendo conto di essere particolarmente lucida e attiva nonostante gli undici piatti(ni) diversi. E non è difficile immaginare il perché: non sto bevendo alcolici. Insomma: sono sobria. Ehi, voi che mi giudicate con il sopracciglio alzato!, vi vedo. Seguendo un abbinamento vini, anche solo assaggiando quello che mi viene servito, sarei a circa 3 bicchieri di vino.

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A tavola iniziamo a scambiarci aneddoti riguardo la pressoché totale impossibilità di non essere almeno un po’ brille durante questo genere di degustazioni. Le note prese sul menu che diventano sempre un po’ più confuse man mano che ci si avvicina al dessert. I bicchieri che vengono lasciati davanti a te e l’irresistibile tentazione di prendere un ultimo sorso da ognuno a fine pasto. Il tentativo di tamponare con il pane quando ci si rende conto che si va un po’ più in là.

Capisco sembri più una riunione degli Alcolisti Anonimi, ma è un’esperienza che sono sicura risuoni condivisibile a chiunque abbia mai provato un lungo menu degustazione.

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Si può non bere alcol e comunque sembrare ubriaca in fotografia

Arrivo al dessert, una quadrilogia di dolci accompagnata da un té di foglie di fico fatto con la Chemex, fresca come una rosa. Ormai sembra diventato un intercalare comune affermare con una scrollata di spalle piena di disprezzo che “I dolci non mi piacciono, potrei tranquillamente farne a meno.” A me i dolci piacciono e no, non potrei farne a meno, nemmeno dopo un pranzo di quasi tre ore. Quindi sono felicissima di arrivarci pimpante e piena di energia.

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Questo racconto è la mia esperienza personale di estimatrice di vino convertita per qualche ora ad astemia. Ma esiste una fascia piuttosto ampia di persone che a tavola non vuole o non può bere: persone astemie, ex-alcolisti, commensali che sono stati designati come i guidatori per la serata, donne incinte… Proporre un abbinamento analcolico più entusiasmante della cedrata con ghiaccio è un gesto inclusivo e anche, come dimostra il pranzo che abbiamo appena vissuto, un’opportunità per esplorare nuovi orizzonti gastronomici.

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Tutti i succhi provati

Ci alziamo da tavola quasi alle 17 con la sensazione di avere vissuto un’esperienza indubbiamente peculiare. Siamo sobrie, abbiamo fatto un pranzo bellissimo, il resto della giornata si spalanca davanti a noi come un libro aperto. “Ehi, apriamo una bottiglia di quel pét-nat croato di cui parlavamo prima? Dovrebbero averlo al bar” “Perfetto”.

*Doverosa postilla. Mentre stavo passando nel Collio, le adorabili colline al confine italo-sloveno punteggiate da alcuni dei vigneti migliori del mondo, Ana Roš, che avevo avuto occasione di conoscere in altre occasioni, mi ha proposto di passare per dal suo ristorante. Non ho pagato per il menu. Non mi è stato assolutamente imposto/chiesto/suggerito di scrivere della mia esperienza.

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