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Cibo

Così il kimchi è stato usato dalla politica per influenzare la Guerra in Vietnam

In tempo di guerra, mai sottovalutare i pasti dei militari. Soprattutto se si tratta di soldati sudcoreani e di kimchi.
Foto via Flickr, Jin Li

Il kimchi sta attualmente vivendo i suoi 15 minuti di fama globale. Ovviamente, entro i confini coreani, il kimchi è in realtà una star da migliaia d’anni, ma è solo da pochi anni che questo concentrato delizioso di verdure fermentate è riuscito ad addentrarsi in svariati panini con formaggio grigliato, quesadilla e, più in generale, in quasi ogni reparto dei supermercati statunitensi e non.

Riscoperta fama internazionale a parte, in pochi sanno che, negli anni Sessanta, il kimchi aveva esercitato una grossa influenza politica durante Guerra del Vietnam.

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Sebbene gli Stati Uniti fornissero supporto strategico e finanziario al Vietnam del Sud fin dagli inizi degli anni Cinquanta, le truppe militari si moltiplicarono a vista d’occhio solo nella prima metà della decade successiva. Sempre negli anni Sessanta, poi, altre forze internazionali si aggiunsero a quelle statunitensi, comprese quelle della Corea del Sud. Per volere del Presidente americano Lyndon B. Johnson, inoltre, le forze armate coreane divennero le seconde, per potenza e numero, in Vietnam.

Come facilmente immaginabile, il governo sudcoreano e quello statunitense rimasero in stretto contatto per tutta la durata della guerra. Fra tutte le occasioni d’incontro, una in particolare spicca nella storia del kimchi. Nel marzo del 1967, infatti, il Primo Ministro della Corea del Sud, Chung Il-kwon, si era recato alla Casa Bianca per una visita al presidente Johnson. Il-kwon aveva portato con sé una lettera firmata dal Presidente coreano in persona, al cui interno c’erano due richieste importanti e ben precise. Se da un lato i coreani chiedevano ammodernamenti all’equipaggiamento militare, dall’altro cercavano una soluzione a un problema ormai sempre più invalidante: la carenza di kimchi.

Per enfatizzare ancora di più il secondo punto, il Primo Ministro aveva spiegato che durante il suo addestramento militare negli Stati Uniti aveva sentito più la mancanza del kimchi che di sua moglie. Senza il kimchi, aveva continuato Il-kwon, il morale delle truppe coreane in Vietnam era sotto zero. Per cercare di ovviare almeno temporaneamente al problema, il Presidente coreano Park Chung-hee aveva pagato di tasca propria svariate riforniture della pietanza per Natale. Adesso, però, aveva bisogno dell’aiuto Statunitense per sostenere il fabbisogno di verdure fermentate delle truppe. Le richieste totali, fra kimchi ed equipaggiamento vario, ammontavano a 3-4 milioni di dollari all’anno.

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La risposta di Johnson non si fece attendere troppo, arrivò 10 giorni dopo l’incontro:

“Capisco assolutamente il Vostro desiderio di provvedere a un’alimentazione più tradizionale per le Vostre truppe. Trattasi di un’esigenza naturale. Pertanto, ho chiesto al Segretario di Stato McNamara di lavorare con i nostri ufficiali per soddisfare le vostre richieste di kimchi.”

Solo dopo questo paragrafo la lettera aveva preso una piega più “militare,” trattando questioni strategiche come i rifornimenti di elicotteri e armi. Il McNamara menzionato, che poi altri non era che il Segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America, aveva ufficialmente approvato il programma per rifornire le truppe coreane di kimchi nel maggio dello stesso anno, garantendo loro una porzione al giorno (per la “modica” cifra di 2 milioni di dollari all’anno).

Giusto per darvi un’idea di quanto la “questione kimchi” fosse importante, nel dicembre 1967, a seguito della tragica morte del Primo Ministro australiano Harold Holt e del conseguente funerale di Stato a Canberra, Johnson e Park ne approfittarono per riunirsi a discutere del Vietnam trovandosi però a parlare principalmente, come annotato poi anche da Nixon, di kimchi. A seguito di una falla con il processo d’inscatolamento, purtroppo, l’arrivo del kimchi era tardato di qualche mese, ma era comunque pronto a risollevare l’umore coreano per l’inizio del 1968.

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Quegli anni avevano segnato anche una svolta non esattamente felice per la coalizione del Vietnam del Sud. A peggiorare il tutto si era aggiunta l’opinione pubblica, la cui indignazione si era riversata senza troppi giri di parole nei confronti degli Stati Uniti (siamo infatti nell’epoca della Summer of Love e del movimento hippie). Johnson, che sentiva la necessità d’inviare altre truppe sul campo ma sapeva anche che puntare sui giovanissimi americani non avrebbe giovato all’immagine, si era ritrovato costretto a chiedere aiuto ai suoi maggiori alleati, i coreani. I funerali del Primo Ministro australiano, quindi, avevano fornito l’occasione perfetta per chiedere a Park l’invio di una decina di migliaia di truppe in più sul territorio vietnamita, e il più presto possibile.

A causa di ostacoli di natura legislativa, tuttavia, Park aveva inizialmente puntato i piedi, obiettando. Johnson, che sempre stando alle testimonianze scritte dell’epoca aveva risposto “il compito di un Presidente è riuscire a fare l’impossibile,” tirò fuori l’asso nella manica, il kimchi, minacciandone l’effettiva fornitura. A quel punto Park non poté che promettere di fare il possibile.

Il Generale Lee Sae Ho, ufficiale coreano in Vietnam, saluta alcuni civili all'aeroportp di Tan Son Nhut nel marzo del 1973. Foto di Bettman/CORBIS via Flickr

Bastarono poche settimane per capire che Park avrebbe spedito i propri rinforzi. Tutto, comunque, precipitò il 21 gennaio 1968, quando 31 agenti nordcoreani attaccarono la residenza presidenziale a Seoul (con il preciso intento di uccidere il Presidente e la sua famiglia), causando la morte di 79 persone.

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In seguito al conseguente inasprimento delle tensioni con la Corea del Nord, i sudcoreani iniziarono a mettere in secondo piano gli sforzi in Vietnam, specialmente dopo che una maggiore preoccupazione per la difesa dei propri confini si rese necessaria. Ma ormai non importava. Né lo Zio Sam né i sudcoreani con le pance piene di kimchi potevano sconfiggere i Viet Cong. La guerra si trascinò ancora per qualche anno, finendo esattamente 43 anni fa, il 30 aprile del 1970, con gli ultimi marine in fuga da Saigon.

Nonostante il kimchi abbia influenzato le politiche di guerra internazionali solo una volta, la sua fama non è mai scemata in Corea del Sud. Nel 2008, quando Ko San divenne il primo sudcoreano a “mettere piede” nello spazio, il progresso scientifico si prodigò nella creazione di un kimchi adatto a tale occasione, che non intaccasse in alcun modo la salvaguardia del resto dell’equipaggio (si tratta pur sempre di verdure fermentate, con tutti i batteri che ne conseguono). Per questa occasione, però, la forza asiatica non aveva chiesto aiuto allo Zio Sam.

Arrivati a questo punto della storia qualche patriota potrebbe riversare una o più lacrime sull’influenza globale perduta degli Stati Uniti d’America (anche se adesso potremmo proprio dire “per fortuna!”). Comunque la si guardi, però, i coreani preparano il kimchi migliore al mondo.

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Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies US.