franco aliberti chef etico tre cristi
Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi
Cibo

Come essere uno chef che non spreca e non inquina quando il tuo ristorante è a Milano

Franco Aliberti è diventato celebre per la sua ottima cucina e per la sua filosofia no waste. Ma come fa con il suo ristorante a non sprecare davvero? È solo pubblicità?
Roberta Abate
Milan, IT

Forse in pochi hanno visto un allevamento di pesce, ma è la stessa cosa che portare un allevamento di galline in acqua. Di solito in una vasca dove dovrebbero entrare 5.000 esemplari ne mettono 20.000. Si mangiano fra di loro, antibiotici come se piovessero, malattie. E poi tutti i loro escrementi cadono sul fondo e bruciano il fondale, dove non cresce più niente.

Quando abiti in città più o meno organizzate alcune cose sono estremamente più semplici, e altre notevolmente più intricate: tipo mangiare e consumare consapevolmente è solo uno dei tantissimi esempi di azioni complicate che ti si richiede di fare (sempre che tu abbia una coscienza). Fare la spesa senza utilizzare badilate di plastica (sembra una chimera), non ordinare il tuo sushi a base di salmone e avocado dall'altra parte della città, sperando che qualcuno in scooter te lo porti a casa più veloce della reazione di Mentana alle crisi di Governo, non utilizzare un servizio di car sharing per andare al ristorante, quando c'è la metro dall'altra parte della strada che ti ci porterebbe tranquillamente, anche in meno tempo.

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Franco-Aliberti Tre Cristi

Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi

Quando Franco Aliberti si è mosso dal ristorante immerso nella natura de La Florida di Mantello, per prendere in mano il ristorante Tre Cristi di Milano, probabilmente deve averci pensato: qui la sua filosofia dedicata alla sostenibilità sarebbe stata più difficile da attuare. Ma dopo circa 10 minuti con lo chef, tutto sembra molto più facile di quello che sembra; la sua parola d'ordine per tutta la nostra intervista è "pianificazione". Con quella, come in qualsiasi lavoro, puoi almeno provare a fare la differenza, in questo caso puoi provare a fare lo chef sostenibile in una delle città dall'aria più irrespirabile d'Italia.

Stiamo cercando di eliminare tutta la plastica monouso dalla cucina, ed è un salto impegnativo. Anche per chi utilizza il sottovuoto, ad esempio, utilizzerà sempre buste di plastica.

Mangiare ai Tre Cristi con Franco Aliberti in cucina significa farsi accompagnare da una susseguirsi di piatti che celebrano i vegetali e che utilizzano solo carni che hanno una tracciabilità, e di cui Franco ha visitato personalmente gli allevamenti. Il suo menu degustazione, però, non è noioso come potrebbe sembrare: la dinamica del gioco e dell'intrattenimento a tavola è ben presente, e lo spauracchio dell' "etico" che molta paura fa ai veri gourmet, per la mancanza di element tipici dell'alta cucina come caviale o foie gras, non inficia neanche un po' sull'esperienza a tavola. Anzi: la strada dell'utilizzare tutto di una pianta, un frutto o un pezzo di carne, fa sì che si abbiano idee nuove, e che i piatti si tramutino in piccole sorprese. Per sapere come si può essere chef e avere a cuore ambiente e sostenibilità, quando sei nel centro di Milano, accanto a palazzoni e macchine che strombazzano tutto il giorno, sono andata a trovare Franco e a farmi spiegare un po' di cose.

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Tre Cristi. Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi

MUNCHIES: Ciao Franco, cosa sono questi centrotavola a forma di ortaggi che vedo su ogni tavolo?

Franco Aliberti: Sono delle opere molto semplici che faccio io con gli scarti della lavorazione del marmo. Non devo comprare elementi esterni e riproduco degli ortaggi. Li cambio in continuazione, perché frutta a verdura cambiano a seconda della stagione. È un modo per le persone di riprendere contatto con la stagionalità degli ingredienti.

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Centrotavola con avanzi di marmo. Foto dell'autrice.

La selezione dei nostri fornitori è stata complicata, perché Milano è un mercato molto standardizzato, di solito l’alta ristorazione utilizza sempre gli stessi fornitori.

Ti senti uno chef al 100% etico?

Già non mi sento chef, meglio cuoco, così si sente anche di più che sono napoletano. Mi sento etico al 100% come responsabilità e coscienza, mentre nel lavoro abbiamo bisogno di tempi per poterlo dimostrare. Siamo legati a delle tecnologie che erano già presenti in struttura, e che fanno un po' a cazzotti con la sostenibilità ambientale. Stiamo cercando di eliminare tutta la plastica monouso dalla cucina, ed è un salto impegnativo. Chi utilizza il sottovuoto, ad esempio, utilizzerà sempre buste di plastica. Ci sono due o tre cose non sostenibili che devi per forza adoperare, almeno oggi. Per altre cose, invece, puoi intervenire: a fine anno mi arriverà un forno Moretti professionale che consumerà pochissimo e che mi ha aperto un mondo sui consumi. Ci sono delle cose in cucina che rimangono accese da quando le installi fino a quando non le butti, tipo alcuni elementi dei frigoriferi, alcune spie, il forno. Adesso stanno cambiando la tecnologia con dei pulsantini che lo gestiscono, e quello può aiutare. In più stiamo facendo un lavoro con le ceramiche; sto collaborando con un artigiano che si chiama Flavio Longoni, e stiamo lavorando un materiale che si chiama krion che è 100% sostenibile e riutilizzabile all'infinito. È composto da minerali naturali e che hanno una bellissima termica - quindi perfetta per trattenere il calore almeno 15 minuti - e poi se il piatto non va bene più o si rompe lo puoi portare in azienda, loro te lo sciolgono, riplasmano e riutilizzano.

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Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi

Riesci a comunicare facilmente la tua visione ai collaboratori in cucina?

Fortunatamente arrivano molto giovani qui, cosa che preferisco perché non hanno preconcetti. Alcuni, però, sono già stati in stellati e in cucine in cui si spreca molto. Questo mi ha aiutato a fargli capire che molte delle cose che di solito si buttano, in altri posti, sono ancora buone e si possono riutilizzare in altri modi. Così possono anche studiare nuove tecniche senza annoiarsi facendo un lavoro ripetitivo.

Discorso un po' scomodo: carne e pesce - le cose meno sostenibili oggi - da dove arrivano per i tuoi piatti?

In una città di Milano dove vanno per la maggiore il crudo di pesce, gli scampi, il salmone, l’anguilla, noi abbiamo deciso drasticamente di eliminare i pesci d'acqua salata, per il motivo che il 90% degli stock ittici del Mediterraneo sono sovrasfruttati. Questi sono dati certi, non mi sto inventando nulla. In più quello che rimane viene o da allevamento o dall’estero. Forse in pochi hanno visto un allevamento di pesce, ma è la stessa cosa che portare un allevamento di galline in acqua. Di solito, in una vasca dove dovrebbero entrare 5.000 esemplari ne mettono 20.000. Si mangiano fra di loro, antibiotici come se piovessero, malattie. Il problema è che questi allevamenti dove sono tutti concentrati, i tantissimi escrementi cadono sul fondo e bruciano il fondale, per il loro PH alto, facendo sì che non cresca più niente. Un doppio danno.

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L'anguilla ad esempio non è sostenibile, fra tre o quattro anni massimo sarà estinta, perché non si riproduce in cattività e perché è l'unico pesce sfigato che per farlo deve andare nel Mar dei Sargassi

Per una coscienza personale abbiamo deciso di non usare neanche pesci di allevamento a meno che non siano etici. Questo non vuol dire che non ci siano pesci buoni di mare, ma secondo me alcuni ingredienti vanno mangiati nei giusti contesti. Uno chef siciliano che ha il suo locale davanti al mare, ad esempio, ha la possibilità di parlare con i piccoli pescatori, fare accordi etici anche sul prezzo. Qui non si può. Sempre sul pesce: adesso abbiamo trovato 100 pescatori del Mare Adriatico - che si sono messi insieme - e a fine anno dovrebbero prendere una certifiazione che si chiama MSC, quella etica e responsabile. Noi da loro prendiamo i lupini che sono delle vongole piccole, che usiamo in uno spaghetto. Questa è l’unica concessione che ci facciamo. Poi per il resto molto pesce di acqua dolce; ci riforniamo da alcuni allevamenti certificati del Trentino.

È stato un lavoro di ricerca non facile mi sembra…

La selezione dei nostri fornitori è stata complicata, perché Milano è un mercato molto standardizzato: di solito l’alta ristorazione utilizza sempre gli stessi fornitori, di eccellenza, certo, però avevo voglia di prendere piccoli produttori e coltivatori. La carne attualmente la prendo da Franco Cazzamali, un macellaio vicino Crema che alleva razza piemontese, un'impresa familiare. Hanno etica, sono responsabile. Le uova le prendo a Morbegno, Galline di Selva.

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Tante lavorazioni hanno tempi lunghi, cosa che non voglio che il cliente percepisca però. Il cliente deve mangiare e dire “Cavolo che buono!”, e poi tu gli spieghi cosa c’è dietro, che quella cosa prima l’avresti buttata.

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Franco Aliberti mentre lo intervisto. Foto dell'autrice.

Quali sono gli ingredienti su cui dobbiamo farci un po' di domande se li vediamo in menu?

Sicuramente si deve capire da dove arriva il prodotto. Ad esempio, se viene dalla Turchia, vuol dire che deve viaggiare o in container, in nave o in aereo. Vuol dire inquinamento, percorso lungo, e non è detto che il prodotto rimanga intatto, quindi spreco. Per tutto ciò che è lontano vale la pena capire se è davvero necessario, mentre per le cose vicine capire come vengono fatte. Bisogna avere curiosità e cultura. Metà delle cose che so le so grazie a mia moglie Lisa (Casali NdR), che è una scienziata ambientale. Per esempio lei mi ha insegnato che l'anguilla non è mai sostenibile, perché fra tre o quattro anni massimo sarà estinta, perché non si riproduce in cattività e perché è l'unico pesce sfigato che per farlo deve andare nel Mare dei Sargassi. Fa chilometri e chilometri e non è detto che arrivi, anche a causa dell'inquinamento. Ma noi continuiamo a mangiarlo. In generale fate domande: molti sfruttano adesso l'eticità coma marketing, perché fa figo, però lo vedi subito quando non c'è nessuna ricerca dietro.

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Foto dell'autrice

Quindi come si mangia oggi ai Tre Cristi con tutte queste limitazioni….

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Nessuna limitazione. La nostra filosofia è sul recupero delle parti meno nobili di tutti i prodotti. Facciamo il percorso al contrario con gli ingredienti, non aspettiamo di capire cosa rimane e quindi cosa possiamo farci, ad esempio sulla zucchina noi partiamo dalla pianta, vediamo com’è fatta, utilizziamo anche il gambo e la foglia. E se la pianta non si può utilizzare cerchiamo di capire cosa fare con buccia o semi. Il torsolo di una lattuga, il gambo del broccolo….se poi ci pensi nella spesa tutti questi falsi scarti hanno un peso altissimo: metà della spesa che tu compri rischi di buttarla. Guarda l'anguria: la buccia pesa sulla bilancia quanto la polpa. Allora noi oltre alla parte che di solito mangiamo, prendiamo la buccia, la mariniamo e in pratica sa quasi di cetriolo o ci facciamo anche una marmellata; i semi li tostiamo e caramelliamo, sono buonissimi.

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Semi di anguria. Foto dell'autrice

Non sei un ristorante vegetariano, ma il lavoro sugli ortaggi è importantissimo…

Sì, abbiamo preso anche un orto a Settimo Milanese, ma non solo per dire “abbiamo un orto” come fanno molti ristoranti, perché ai ragazzi devo far capire le difficoltà che ha una persona quando coltiva con metodi non chimici, quanto tempo ci mette una pianta a crescere. Devono annaffiare con la pompa, devono sudare: in questo modo acquisiscono una sensibilità diversa quando lavorano. Trattano gli ortaggi meglio. Con un lavoro in cui lo scarto praticamente è ridotto al minimo mi piace fare piatti mono-ingredienti, ovvero un piatto fatto con tutte le componenti di un ortaggio.

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Il gambo della zucchina. Foto dell'autrice.

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Le mezze penne fatte di zucchine

Ad esempio quest'estate è piaciuto molto un piatto a base di zucchine. In pratica tagliamo il gambo rigato in maniera tale da ottenere delle mezze penne rigate. Non tutti lo sanno, ma i gambi sono cavi dentro, basta togliere la fibra come nel sedano e sono pronti ad essere tagliati e cotti. Diventano verdi traslucidi, un figata. Saltiamo poi i gambi con delle foglie di zucchina, aggiungiamo la crema di zucchina e serviamo. Era una sorta di antipasto, ma che assomigliava a un primo piatto.

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Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi

Un altro piatto che facciamo è quasi interamente a base di lattuga, che ha una grande aroma vegetale. Con il riso viene un risotto molto rinfrescante che ti ricorda moltissimo il sapore crudo dell’insalata. Noi ci aggiungiamo un po’ di crema di limone sotto sale. Il limone lo prendo da una coltivazione sul Lago di Garda, dove ci sono anche i capperi. Mantechiamo con l’olio.

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Foto di Paolo Picciotto, per gentile concessione dei Tre Cristi

Un tipo di lavoro di questo tipo ovviamente incide molto sui tempi di preparazione dei piatti…

“Sì, incide molto. Ci vuole una grande programmazione, e qui devo ringraziare il mio passato in pasticceria. Ci vuole una grande conoscenza dei prodotti: non puoi improvvisare, devi studiare le componenti chimicamente. Non basta solo provare e provare. Tante lavorazioni hanno tempi lunghi, cosa che non voglio che il cliente percepisca però. Il cliente deve mangiare e dire “Cavolo che buono!”, e poi tu gli spieghi cosa c’è dietro, che quella cosa prima l’avresti buttata.

Molti adesso sfruttano adesso l'eticità coma marketing, perché fa figo, però lo vedi subito quando non c'è nessuna ricerca dietro.

Sul vino invece qual è la vostra filosofia?

Stiamo facendo un po' di pulizia, abbiamo dei lasciti della cantina precedente che non possono essere sprecati, e con Monica Angeli, la nostra responsabile di sala, stiamo facendo un lavoro sui vini naturali.

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