u mauru alga rossa siciliana
Tutte le foto di Grazia Di Franco
Cibo

L'alga rossa siciliana, apparentemente illegale, che sta scomparendo per l'inquinamento

U Mauru è un'alga rossastra e coriacea che cresce tra Acireale e Catania. Una volta era un piatto tipico della zona, ora è praticamente scomparsa.
Andrea Strafile
Rome, IT

Ho passato 27 giorni di vacanza in Sicilia quest’estate e durante quei giorni, oltre a mangiare un sacco di granite, sono andato alla ricerca di un’alga rossa. Trovarla è difficilissimo perché di quest’alga commestibile siciliana ne rimane poca, pochissima.

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“Il Mauru cresce dove l’acqua salata incontra acqua dolce in mare e solo dove è pulita. Inoltre cresce su scogli di origine vulcanica. Capisci bene che sono condizioni difficili da trovare.”

U Mauru è un’alga tipica della costa catanese: rossastra e callosa, è stata per molto tempo la merenda dei pescatori che rientravano dalle battute di mattina. La strappavano dagli scogli, la condivano con limone e sale e se la mangiavano lì, a bordo, prima di rientrare a riva. Oggi però non è più così facile trovarla sugli scogli vicino la riva. Spesso a prenderla ci vanno i sommozzatori che, il più delle volte, tornano a mani vuote. E così la tradizione del Mauru sta scomparendo alla velocità della luce: resiste in sparuti ristoranti e trattorie in un tratto che va da Acireale a Catania. Meno di 20km di costa in tutto.

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U Mauru come lo mangiavano i pescatori, solo con sale e limone. Tutte le foto di Grazia Di Franco

Quando ci hanno parlato sul nostro profilo Instagram di quest’alga ci hanno avvisato che sarebbe stato difficile trovarla. Mai, però, avrei potuto immaginare di diventare amico delle pescherie e di sommozzatori di mezza Sicilia Orientale pur di trovarla. Ho chiamato letteralmente ogni giorno, sempre più disperato. La risposta è stata, sempre: “nun ci nnè mauru, Andrea.” Non c’è Mauru. E se pure gliene avessero portata, non ce ne sarebbe stata più di una vaschetta. Al ventisettesimo giorno ho scovato su internet un ristorante ad Acireale che lo serviva. Mi ci sono fiondato.

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Purtroppo il ristoratore, dopo la mia visita, mi ha chiesto al telefono di non divulgare né il suo nome, né quello della trattoria. Probabilmente tutto il mistero e l’alone di illegalità dietro il Mauru lo ha spaventato, anche se sarà lui stesso a spiegarmi più avanti che non esistono leggi specifiche su quest’alga.

La stagionalità del Mauru va da marzo a giugno e, più si va avanti, più saprà di iodio e assumerà un colore rosso

Ma torniamo alla trattoria: mi siedo e mi portano un piatto di alghe condite come si faceva una volta (sale, limone e pepe) per assaggiarlo in purezza. Il sapore è quello di uno scoglio. Avete presente quando bevete acqua di mare perché vi siete tuffati male? Quello, ma con una nota ferrosa amplificata per mille. Il tutto con una consistenza fibrosa e callosa.

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L'autore assaggia dopo un mese u Mauru, che sa di ferro e mare.

“A seconda del periodo il sapore cambia tantissimo,” mi spiega il ristoratore, appassionato di Mauru, che si va a prendere da solo. “Agosto non è il periodo migliore, anzi: non è proprio periodo. La stagionalità del Mauru va da marzo a giugno e, più si va avanti, più saprà di iodio e assumerà un colore rosso.” Il Mauru nella pasta con i frutti di mare, però, era una bomba: un po’ di cottura attenua parecchio il sapore — un sapore che, sappiatelo fin da ora, rimane in bocca per ore.

Nessuno vuole parlare del Mauru

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La pasta col Mauru cotto insieme ai frutti di mare. Molto ok.

Ormai una trentina d’anni il Mauru è circondato da un alone di mistero. Non puoi semplicemente andare in pescheria e chiederlo: quasi sempre ti squadreranno dalla testa ai piedi, a volte intensamente. Per fortuna avevo con me un amico di quelle parti pronto a rispondere in dialetto e abbassare la tensione. Ma cosa ci può mai essere di così oscuro in un’alga da meritarsi risposte come: perché mi chiedi se ne ho?
Nelle dodici tra pescherie e trattorie a cui ho chiesto di quest’alga, nove mi hanno risposto male o attaccato il telefono in faccia. Uno di loro, sentendomi sbigottito, mi ha spiegato che il Mauru è sostanzialmente illegale. Non si potrebbe vendere e chi lo vende lo fa solo sotto banco, attraverso clienti fidati e conoscenze.

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L'autore si mangia con piacere la pasta col Mauru.

La ragione per cui il Mauru sarebbe illegale è in breve la sua non tracciabilità. È selvatico, cresce spontaneo e l’opinione comune —soprattutto fra i pescatori — vuole che il mare sia ormai irrimediabilmente inquinato. Il che lo avrebbe reso poco disponibile e soprattutto, come mi ha spiegato il pescatore Giambattista Guarrera: “Le alghe trattengono l’inquinamento, per questo potrebbe essere pericoloso.” L’inquinamento di cui parla Giambattista è in realtà una conseguenza diretta dell’inquinamento da rifiuti invisibili. Siamo ormai abituati a indignarci per la plastica in mare e sulle spiagge, rifiuti solidi e riconoscibili, ma quello non è il male peggiore.

Lo sarebbero invece tutti quei rifiuti rilasciati in mare dagli scarichi delle industrie, delle tubature di casa e dalle barche. Questi rifiuti aiutano il proliferare di Enterococchi intestinali e Escherichia Coli. Secondo un rapporto di Legambiente del 2021, la costa dove cresce il Mauru risulta in gran parte “inquinata” o “fortemente inquinata.” Ora: può questo Mauru essere davvero inquinato? Soprattutto: è illegale sul serio?

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Cos’è il Mauru e perché sarebbe illegale

Facciamo un piccolo passo indietro. Che cos’è il Mauru? Perché si chiama così? U Mauru prende la sua radice da màguru in siciliano e a sua volta dal latino macer, letteralmente magro, povero. Il nome scientifico dell’alga sarebbe Chondracanthus teedei. Il primo a parlarne è Friedrich Traugott Kützing, dottore in filosofia, che nel 1847 afferma di averlo trovato sia nel mare Adriatico che nel Mediterraneo. In realtà oggi sappiamo della sua presenza anche in Giappone, Portogallo, Spagna e in alcune isole dell’Oceano Pacifico. Rimane comunque un’alga piuttosto rara.

E arriviamo al primo punto: può quest’alga assorbire inquinamento e farci male? In teoria no. Per crescere il Mauru ha bisogno di particolarissime condizioni, la prima delle quali è l’acqua pulitissima. “Il Mauru cresce dove l’acqua salata incontra acqua dolce in mare e solo dove è pulita,” mi spiega il ristoratore anonimo che mi fa assaggiare il Mauru e che ne è un esperto. “Inoltre cresce su scogli di origine vulcanica. Capisci bene che sono condizioni difficili da trovare.” Quindi: se mai mangerete del Mauru, sappiate che difficilmente sarà cresciuto in condizioni ambientali avverse. O non lo trovereste proprio.

Infine il fattore più pittoresco: alla fine 'sto Mauru è illegale sì o no? Qui potrebbe c’entrarci solo il “sentito dire”: non c’è al momento un solo documento che lo indichi come specie protetta (male), né uno che ne sancisca l’illegalità. “Quando non lo trovo lo acquisto tranquillamente,” mi dice il ristoratore - che però non vuole parlare al telefono di certi dettagli, alimentando ancora la leggenda popolare. “Basta una licenza di pesca generica e specificare la zona in cui si è preso.” Il problema non è che faccia male, anzi, hanno pure scoperto che è un ottimo antifungino e antivirale. Il problema è che non ce n’è proprio più in quel tratto di costa. Tanto che, se lo trovate, il prezzo è di circa 30 euro al chilo.

Non è solo il Giappone ad avere le sue alghe commestibili. La Sicilia mantiene la sua tradizione di alghe rosse da secoli e ora sta scomparendo. Indovinate perché?

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